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Non siamo tutti uguali

Ogni volta che penso all’uguaglianza, penso a chi commette dei reati, a chi violenta, a chi uccide, a chi ruba, e credo che non siamo tutti uguali. Non possiamo bendarci gli occhi, e continuare a far finta di niente, ma dobbiamo cercare di migliorare il sistema, soprattutto per quella parte della società pulita e perbene.

Non siamo tutti uguali. Non abbiamo tutti gli stessi diritti. Perché siamo diversi. Diversi nella nostra apparente uguaglianza e uguali nella nostra palese diversità, vittime di un retaggio democratico obsoleto, che trova le sue fondamenta minate da una continua insoddisfazione non solo del popolo, ma anche del singolo individuo. Colpevoli di continuare a difendere chi, purtroppo ma per sua coscienza, non si ritiene meritevole dell’uguaglianza dataci dalla natura. Siamo diversi, altrimenti non ci sarebbero le carceri, i tribunali, i giudici, le persone che rubano o che delinquono. Quando solo penso che il mio voto ha lo stesso valore di chi non rispetta le leggi dello Stato, di chi ruba allo Stato, di chi ignora le basi del vivere comune, la corretta condotta civile, e di chi fa della sua quotidiana violazione delle regole il suo modus vivendi, quando solo mi ricordo di questa atroce verità, come se fosse la manifestazione dell’ingiustizia agli occhi del giusto, quando tutto ciò in cui credi non viene minimamente protetto dalla giustizia, allora ti fai persuaso che le cose vanno cambiate e che cosi non si può andare più avanti. E’ tutto sbagliato, è tutto falsato. La proiezione del popolo deve essere tale in misura corretta, proiezione delle cose buone da salvare non del marcio che invece bisogna punire. Se la classe politica è la proiezione del popolo, deve essere la proiezione di quella parte del popolo “perbene”, di quei cittadini che fanno di tutto per mantenere la giustizia e lo Stato, che pagano regolarmente le tasse e che sanno di far parte di una comunità nel rispetto degli altri e delle regole. Se fosse questa la proiezione, se solo potesse esserlo, ci troveremo una classe politica diversa, dal lato di chi dovrebbe essere. Espressione di quel vivere civile, ideale dei fondatori della costituzione, e dei vari uomini che hanno dato la vita per la costruzione di uno Stato civile e moderno. Proiezione di persone perbene e civili, che rispettano il prossimo e che partecipano alla crescita della nostra nazione in modo sano. Chi ha nella sua testa la capacità di giudizio potrà capire le mie ragioni. Non riesco a tollerare che chi commette determinati reati possa poter influire, col suo voto, sull’esito di una votazione o di quesiti (nel caso di referendum) così come possono farlo persone perbene come tante che conosco. Proprio perché chi fa determinate cose cattive non è da ritenersi un buon cittadino, il suo non potrà essere un buon voto. Così si va a mettere in discussione il significato di Stato e di giustizia. Stato come sinonimo di Organizzazione della casa comune, con alla base la condivisione di sani principi morali e corretta condotta civile.

Il voto dovrebbe tener conto di queste differenze. Dovrebbe riuscire a rappresentare la parte buona della società. Perché la parte cattiva non merita di avere lo stesso peso. Pagare le tasse non è una facoltà del cittadino, ma un dovere per contribuire alla cosa comune. Nessuno è contento di pagare le tasse soprattutto se queste sono gestite male. Ma sono convinto che eliminando il problema alla radice, la conseguente classe dirigente sarà in proporzione più onesta. La soluzione a questa diversa visione del vivere insieme, deve partire proprio dai diritti e dalla percentuale che il proprio voto ha di incidere. L’idea di base da sviluppare è questa che ho cercato di condensare in semplici passaggi. La base di partenza è 0,75, che è dato dalla somma dei tre requisiti, quello di nascita, quello dei reati, e quello delle tasse. Per aggiungere lo 0,25 del quarto requisito, quello di cultura generale ed educazione civica, bisogna fare un esame, al compimento dei diciotto anni, in poche parole quando si acquisisce il diritto di voto. Bisogna creare un piccolo manuale ad hoc da studiare. Fino a quando non si supera l’esame il voto vale 0,75. L’esame è da sostenersi presso gli uffici del voto, istituiti presso i comuni. Nel caso invece vengano commessi reati e non vengano pagate multe o tasse, si perdono gli altri requisiti. Tutto ciò è reso possibile dal collegamento continuo e intrecciato della banca dati del comune di appartenenza, nello specifico dell’ufficio di voto (ex ufficio elettorale), con l’agenzia delle entrate ed il casellario giudiziario. Per quanto riguarda l’entità dei reati e delle tasse che ti fanno perdere il requisito si deve approfondire. Per alcuni reati commessi si perde il diritto di voto.

Bisogna sicuramente scendere nei dettagli delle norme, e questo spetta al Parlamento, ma sono certo che solo in questo modo, si può dare voce alla parte pulita ed onesta del popolo, solo in questo modo si possono mettere le basi sulle quali costruire una Democrazia Meritocratica, dove la proiezione di un popolo civile da vita ad una classe politica giustamente rappresentativa della parte pulita della società.

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